Lo sapevo, prima o poi sarebbe arrivato il momento fatidico. In realtà non ho mai favorito le condizioni per farlo accadere, ma era solo questione di tempo.
Una mente come la mia: occidentale, occidentalizzata, formatasi con studi tecnici, un lavoro ancora più tecnico, cresciuta assorbendo concetti e leggi fisiche, abituata da sempre a pensare che ad un’azione corrisponda una reazione uguale e contraria, che quando una massa di 80 Kg viene opposta ad un’altra di 50 Kg, sia quest’ultima a doversi spostare, è un gioco di massa, forza, peso, lo si trova in tutti i libri di scuola.
Per questi motivi durante gli stage con M° Chu mi sono sempre tenuto a debita distanza dal fatidico test “da solo a solo”. Da una parte mi erano perfettamente chiari tutti i concetti che il tai chi ci fornisce quotidianamente, ma dall’altra la mente tende sempre a ricadere verso la “sua” posizione di stabilità, come una pallina della roulette ricade sul piatto dopo che l’azione di forza centrifuga che l’aveva tenuta su livelli più alti termina il suo lavoro.
Anche quella domenica stavo tergiversando, non era mai il momento di fare il test personale con M° Chu, o era attorniato da troppa gente, o avevo io un momentaneo impegno con altre persone, il vero motivo in fondo era un certa fifa intellettuale ad avvicinarmi ad alcuni concetti. Giuliana, che ormai conosce perfettamente questi miei atteggiamenti, prendendo il discorso alla larga, mi ha in pratica quasi portato davanti al maestro che in quel momento era libero e pronto per l’ennesima dimostrazione, mi ha incitato a provare. Non avevo scampo, era arrivato il mio momento, il momento di mettere in gioco qualcosa, neanche poco tutto sommato. Ero davanti ad un sorridente M° Chu che mi porgeva un braccio.
Vi è mai capitato di essere protagonisti di un piccolo/grande incidente? Da uno scontro con un’auto ad un banalissimo inciampo, il cervello ha un funzionamento sempre simile. Quando si rende conto di un probabile impatto cerca in tutti i modi di trovare una soluzione per evitarlo, nella sua ricerca spasmodica di salvaguardare il fisico cercando una via di fuga, fa sembrare che tutto scorra al rallentatore, poi nell’attimo dell’impatto è come se si spegnesse per un breve istante, è come se un videoregistratore staccasse le testine per poi collegarle nuovamente nell’attimo stesso in cui l’incidente è finito e riprendesse a registrare constatando magari non ci è accaduto niente di grave. Dell’incidente vero e proprio, dell’impatto, il buio completo, o solo qualche vago ricordo.
Quella domenica ho fatto un esperienza molto simile, appoggiando le mani sul braccio di M° Chu stavo in realtà andando in contro ad un mio piccolo grande incidente.
Rivedendo le immagini al rallentatore: Giuliana mi sorride e mi indirizza verso M° Chu, lui è nel momento prima del test si sta concentrando e mi porge il braccio, io appoggio le mani, mi protendo in avanti facendo una certa pressione e caricando il mio peso per evitare di farmi spostare, la mente ha molti dubbi su cosa succederà effettivamente, le leggi della fisica non lasciano molto spazio all’immaginazione, un corpo di massa inferiore, anche applicando una considerevole forza, difficilmente riuscirà a imprimere una grande accelerazione ad un corpo di massa (ahimè) notevolmente superiore.
Mentre stavo pensando a queste cose ho sentito, o meglio credo di aver sentito un soffio, una forte espirazione, è stato in pratica l’impatto del mio personale incidente, il videoregistratore posto nel mio cervello ha smesso di funzionare per pochi lunghissimi istanti. Si è in realtà riacceso subito dopo, sono arrivati i suoni della folla che vociava nell’esecuzione dei test, sono arrivate le luci ed io mi sono ritrovato come seduto su due gambe aliene che mulinavano all’indietro nel tentativo di non farmi cadere. Per fortuna c’è un sistema cerebrale involontario che non si chiede molte cose, non si perde in disquisizioni, è sempre vigile nel preservare le condizioni fisiche, ed una di queste è che una persona è meglio che non cada a terra, quindi stavo quasi correndo all’indietro, per alcuni metri, cercando di evitare di cadere sotto la spinta di un qualcosa che non avevo le capacità per definire.
E’ riapparsa subito anche l’immagine video, la prima immagine è stata Giuliana che stava ridendosela a crepapelle leggendo quello che probabilmente in quel momento era facile leggere sul mio viso. La sua classica bella risata aperta ed un’espressione che sembrava dirmi “toh, ciapa su!!!”
L’immagine successiva è stato lo sguardo di M° Chu, anche lui stava ridendo, anche lui stava leggendo quello che mi passava per la mente, in quel momento possiamo raffigurarlo come un arciere che vedeva senza possibilità di smentita che uno dei suoi dardi era andato perfettamente a segno. Un Maestro che aveva impartito la sua lezione e che sapeva che finalmente alcuni concetti, in una determinata mente, erano arrivati con una notevole chiarezza.
Mi ha guardato con i suoi occhi furbi che mi è parso dicessero: “…..e adesso vallo tu a raccontare al tuo Newton…..”
In realtà non c’era bisogno di dire altro, ci siamo lasciati con un inchino.
Paolo
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